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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Concentrazioni e settore dell’acciaio – La Commissione europea vieta la creazione di una joint venture tra Tata Steel e ThyssenKrupp ritenendo insufficienti gli impegni proposti dalle parti

La creazione della joint venture nel settore dell’acciaio tra Tata Steel e ThyssenKrupp (le Parti) è stata notificata dalle Parti alla Commissione Europea (Commissione) il 25 settembre 2018. Il 30 ottobre 2018, la Commissione ha quindi avviato un’indagine approfondita che si è conclusa l’11 giugno 2019 con l’adozione di una decisione che ha proibito l’operazione notificata, come chiarito dalla Commissione con il suo comunicato stampa.

La creazione della joint venture avrebbe visto l’integrazione di ThyssenKrupp, il secondo più grande produttore di laminati piani in acciaio nello Spazio Economico Europeo con il terzo, Tata Steel.

Il divieto di dare seguito alla concentrazione si fonda sulla non adeguatezza che la Commissione ha ritenuto caratterizzare i rimedi proposti dalle Parti allo scopo di superare le preoccupazioni concorrenziali evidenziate nel corso dell’istruttoria. In particolare, tali preoccupazioni riguardavano alcune specifiche tipologie di acciaio, ossia i prodotti utilizzati nell’industria del packaging alimentare, come l’acciaio a rivestimento metallico e i laminati, nonché l’acciaio zincato a caldo utilizzato nell’automotive.

La Commissione ha esaminato i rimedi proposti dalle Parti ritenendoli insufficienti in quanto le dismissioni individuate coprivano in maniera solo parziale le principali aree di sovrapposizione delle attività svolte dalle imprese e non comprendevano gli asset produttivi più appetibili, che sarebbero rimasti alla joint venture. Peraltro, i rimedi proposti non prevedevano la cessione di cespiti per la produzione dei lavorati intermedi dell’acciaio, come anche il market test condotto dalla Commissione avrebbe confermato.

Nella valutazione dell’operazione la Commissione ha preso in esame anche la pressione concorrenziale rappresentata dalle importazioni di acciaio sul mercato concludendo che, per le tipologie di acciaio più complesse e di alto valore, come quelle impiegate nel packaging alimentare e nell’automotive, esso fosse limitato.

Pertanto la Commissione ha concluso che nel mercato dell’acciaio a rivestimento metallico e dei laminati per il packaging, nonché in quello dell’acciaio zincato a caldo utilizzato dall’automotive, la pressione concorrenziale esercitata dai concorrenti e dalle importazioni sarebbe stata insufficiente ad assicurare una concorrenza effettiva.

Margarethe Vestager, Commissario UE per la concorrenza ha dichiarato che la joint venture tra Tata Steel e ThyssenKrupp avrebbe potuto ottenere l’autorizzazione della Commissione, se le Parti avessero proposto i rimedi adeguati.

Risulta degno di nota che tre delle decisioni di divieto si siano concentrate nell’ultimo anno. Se da una parte ciò è conseguenza di mercati sempre più concentrati in cui operazioni di natura industriale sono diventate più frequenti, è stato anche osservato che la Commissione uscente ha applicato un approccio particolarmente rigoroso nella verifica dell’adeguatezza dei rimedi proposti e della pressione concorrenziale rappresentata dalle importazioni extra-UE. In molti si chiedono se tale approccio sarà perseguito dal nuovo Collegio che si insedierà prossimamente.

Roberta Laghi
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Diritto della concorrenza Italia / Intese e servizi di radiotaxi – Il TAR Lazio ha respinto il ricorso presentato dalla Cooperativa Taxi Torino avverso il provvedimento cautelare dell’AGCM

Con la sentenza pubblicata lo scorso 7 giugno, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) ha respinto il ricorso presentato dalla Società Cooperativa Taxi Torino (Taxi Torino o la Ricorrente) avverso il provvedimento cautelare (il Provvedimento) adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) in data 29 novembre 2018, nell’ambito del procedimento istruttorio avviato il 10 ottobre 2018 nei confronti della Ricorrente stessa e volto ad accertare l’esistenza di una fattispecie di abuso di posizione dominante in violazione del disposto dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 3 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990 (legge 287/90).

Il procedimento in questione ha visto il proprio inizio in seguito alla segnalazione  presentata da MyTaxi S.r.l. (MyTaxi) – società attiva nel settore delle app per dispositivi mobili volte a mettere in collegamento diretto tassisti e utenza – concernente l’introduzione di una specifica clausola di non concorrenza all’interno dello Statuto sociale di Taxi Torino. Tale clausola impediva ai tassisti soci della suddetta cooperativa – pena la loro esclusione – di utilizzare simultaneamente un servizio app di intermediazione con la clientela diverso da quello offerto dalla piattaforma “Move Plus”, con cui la Ricorrente aveva concluso un contratto di esclusiva. Dato l’importante numero di tassisti membri della cooperativa in questione, nonché la brusca decrescita di registrazioni subita da MyTaxi in seguito all’introduzione della summenzionato articolo statutario, tale condotta avrebbe avuto l’effetto di ostacolare l’ingresso nel mercato torinese di nuove piattaforme ‘aperte’ per l’intermediazione con la clientela. L’AGCM aveva ritenuto sussistere i requisiti di ‘fumus boni iuris’ nonché di ‘periculum in mora’, ordinando a Taxi Torino – tramite l’emanazione di un provvedimento cautelare ex articolo 14-bis legge 287/90 – di sospendere l’applicazione della nominata clausola nelle more della decisione di merito.

La Ricorrente ha impugnato tale provvedimento, adducendo i seguenti motivi di ricorso. In primis, Taxi Torino ha sostenuto che l’AGCM abbia errato nell’individuare un unico mercato del prodotto ricomprendente le piattaforme di intermediazione ‘via radio’ e ‘via app’ e nel definire l’estensione geografica di quest’ultimo come locale (in particolare, ricomprendente esclusivamente la città di Torino), invece che nazionale (se non europea). Ad avviso della Ricorrente, infatti, le app presenterebbero delle caratteristiche (es: geo-localizzazione, possibilità di pagamento tramite la stessa app etc.) tali da renderle de facto un mercato a sé stante. Sul punto, tuttavia, il TAR ha per il momento sposato in toto l’approccio dell’AGCM, secondo cui non è ancora individuabile un mercato del prodotto ricomprendente esclusivamente le piattaforme di intermediazione basate sulle app, in quanto la clientela considera tale servizio intercambiabile con quello più tradizionale di prenotazione ‘via telefono’ o ‘via radio’.

In secondo luogo, la Ricorrente ha sostenuto che la norma statutaria non avrebbe introdotto alcun ostacolo all’ingresso nel mercato di nuovi operatori. Questa era da leggersi, infatti, all’interno di un più ampio disegno di riorganizzazione statutaria volta a proteggere la cooperativa stessa da comportamenti opportunistici (o di ‘free riding’) in grado di minare gli investimenti (e relativi oneri economici) operati dai soci. Anche sul punto il TAR ha preferito l’approccio dell’AGCM e ha sottolineato come siano state identificate prove documentali tramite cui si denotava la volontà espressa da alcuni soci di “prendere provvedimenti nei confronti dei colleghi che avevano aderito all’app MyTaxi” a prescindere dalla possibile tutela di asseriti investimenti. Per tale ragione, quindi, l’AGCM (e così il TAR) hanno ritenuto che la modifica statutaria sia stata adottata al fine precipuo di limitare la concorrenza.

In ultimo, Taxi Torino ha sostenuto che l’emanazione del provvedimento cautelare fosse ingiustificata nonché sproporzionata, poiché insussistente il requisito fondamentale del pregiudizio grave ed irreparabile alla concorrenza. La Ricorrente riteneva che il Provvedimento fondasse le proprie basi su un’istruttoria carente e incapace di provare la anche semplice probabilità dell’accertamento dell’asserita infrazione. In relazione, invece, al rischio di un danno grave e irreparabile (c.d. ’periculum in mora’), Taxi Torino ha ribadito l’insussistenza di alcun rischio reale di esclusione dal mercato. Sul punto, il TAR, rigettando anche tale ultimo motivo, ha riconosciuto la ragionevolezza nonché la fondatezza del Provvedimento. Il TAR ha sottolineato come la probabilità della violazione sia giustificabile non in base alla presenza di prove certe e definitive (le quali dovranno, comunque, essere individuate nel prosieguo dell’istruttoria), bensì di elementi dai quali sia possibile desumere, con sufficiente grado di attendibilità, la sussistenza di un comportamento nocivo per la concorrenza.
Nonostante il TAR abbia ribadito la necessità di un ulteriore approfondimento istruttorio da parte dell’AGCM, la pronuncia oggetto del presente commento è di sicuro interesse non solo con riferimento alla questione specifica ma anche in tema di standard probatorio da soddisfare nei casi in cui l’AGCM ritenga di adottare un provvedimento cautelare.

Luca Feltrin
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Intese e mercato dei servizi professionali in ambito sportivo – Il TAR Lazio conferma il provvedimento con cui l’AGCM aveva sanzionato la FIGC per oltre 3,3 milioni di euro

Con la sentenza pubblicata il 4 giugno scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) ha respinto integralmente il ricorso proposto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) avverso il provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva  imposto alla FIGC una sanzione pari a oltre €3,3 milioni per avere messo in atto un’intesa restrittiva della concorrenza nella forma di una decisione avente per oggetto la limitazione all’accesso al mercato dei servizi professionali offerti da Direttori Sportivi, Collaboratori della Gestione Sportiva, Osservatori Calcistici e Match analyst, figure professionali generalmente impiegate dalle squadre calcistiche per svolgere mansioni ancillari rispetto all’attività sportiva.

Il TAR ha confermato le valutazioni dell’AGCM in punto di qualificazione della decisione adottata da FIGC come di un’intesa restrittiva della concorrenza, dettando tale decisione regole per disciplinare le quattro figure in esame e introducendo restrizioni quantitative all’accesso a dette professioni, requisiti di cittadinanza o residenza italiana, iscrizione ad elenchi o albi e frequenza di corsi specifici – tutte restrizioni, a giudizio del TAR, idonee a restringere ingiustificatamente il libero accesso a dette professioni.

Quanto alle argomentazioni dedotte da FIGC in relazione alla necessità di introdurre tali restrizioni sul mercato per tutelare la qualità dei servizi offerti, il TAR ha infatti rilevato che non risultava sufficientemente dimostrata l’esistenza di un collegamento tra le restrizioni previste e tale obiettivo di tutela della qualità. Di conseguenza il TAR ha respinto integralmente il ricorso, confermando in toto le valutazioni dell’AGCM e la relativa sanzione.
Interessante l’assenza dai motivi di ricorso di qualsiasi riferimento al dibattito relativo alla possibilità di qualificare la FIGC come un’associazione di imprese; infatti esclusa tale possibilità risulterebbe difficile attribuire la valenza di intesa a una decisione di tale ente.

Riccardo Fadiga